venerdì 4 ottobre 2013

"Ogni mattina a Jenin" di Susan Abulhawa


Titolo: Ogni mattina a Jenin
Autrice: Susan Abulhawa
Editore: Feltrinelli, 2011
Titolo originale: Mornings in Jenin
Traduzione a cura di: Silvia Roti Sperti






  Ogni mattina a Jenin, nuova edizione di Nel segno di David, è un libro che non lascia indifferenti. È un libro emozionante ed appassionante. Un libro che indigna e che scuote le coscienze. Un romanzo che con la sensibilità trasudata da ogni pagina si oppone all'inumanità assuefatta del mondo. La storia di Amal, erede mancata del podere paterno nel villaggio palestinese di 'Ain Hob, ora abitazione di ebrei francesi vittime dell’olocausto, è il grido di «un popolo che nome non ha». Il suo villaggio e la terra che i suoi avi hanno coltivato per più di cinque generazioni diventano il risarcimento degli orrori commessi da altri e costringono la sua famiglia, colpevole di abitare quella specifica porzione di territorio, alla vita precaria del campo profughi di Jenin. Così l’autrice Susan Abulhawa con drammatica semplicità, lontana dal patetismo o dal semplice j’accuse, percorre le vicende di Amal in sessant’anni di conflitto arabo-palestinese, seguendo il fil rouge dei sentimenti: l’amore del nonno per i suoi alberi da frutta, l’amore della madre beduina per la sua famiglia, l’amore del padre per i libri, l’amore dello zio per i cavalli, quello di suo fratello Yussef per la moglie, quello di lei, Amal, per la sua amica Huda, per suo marito Majid ed infine per sua figlia Sara. È la narrazione di un microcosmo domestico, i cui membri si riconoscono per via emotiva, che si confronta con il mare dell’oggettività della Storia, cadenzata dagli anni nevralgici del '48, '67, '73, '82, '93, 2001. Quella di Amal Abulheja è una cronaca familiare, intimista ed emozionale in guerra costante con la legge del Numero propria della grande stampa giornalistica internazionale. 


  Paragonata al romanzo Il cacciatore di aquiloni, di K. Hosseini, l’opera della Abulhawa richiama alla mente tutte le tragedie consumatesi sotto una dominazione straniera, quando la Storia, facendo irruzione nelle vita di tutti i giorni, trasforma la quotidianità scontata in eccezionalità da raggiungere. Con l'aggiunta di un'aggravante. Quando Manzoni descriveva la sorte di Renzo e Lucia costretti a subire il torto di Don Rodrigo e dei suoi bravi o quando Primo Levi raccontava la propria prigionia nel campo di concentramento di Aushwitz, il lettore poteva comunque tirare un sospiro di sollievo nel finale. Al contrario il lettore incalzato dalla voce dolce di Amal divora pagine su pagine senza mai riuscire a raggiungere il tanto agognato lieto fine, capace di interrompere e riscattare la catena di sofferenza lunga sessant’anni. Così come svela lo stesso titolo, gli abitanti di Jenin sanno che ogni mattina è ripetizione delle mattine precedenti e delle mattine future. Per loro «si sta» sempre «come d’autunno/ sugli alberi le foglie». Il libro è allora prima di tutto un grido contro la continuità del dolore. Dei morti. Delle vittime. A Jenin i diritti si sono dimenticati e la sofferenza e l’offesa sono diventati la costante. 
«In un tempo lontano, prima che la storia marciasse per le colline e annientasse presente e futuro, prima che il vento afferrasse la terra per un angolo e le scrollasse via nome e identità, prima della nascita di Amal, un paesino a est di Haifa viveva tranquillo di fichi e olive, di frontiere aperte e di sole.»

  Ogni mattina a Jenin è un libro ossimoro. È semplice come una favola e drammatico come Se questo è un uomo. È un libro che abbatte i ruoli tradizionali della lettura con una riflessione sui veri colori dei sentimenti dei lettori e dei personaggi, intrecciati indissolubilmente dalla Storia. Ogni mattina a Jenin di Susan Abulhawa è un libro da leggere.

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